Storia

La società dei Nasi Rossi

Di racconto in racconto, si narra che nell’anno 1900, in un giorno feriale, due barbieri e due calzolai di nome Bonaventura Piferi, Romeo Tani, Pietro Anzellotti ed Giuseppe Alessandrucci, si trovavano nei pressi del forno di Camillo Taborri, probabilmente nell’osteria di “Nostasìa”. 

Altri affermano che l’osteria fosse, invece, di Anzellotti Pietro, ma questo cozzerebbe con il fatto che si trattasse di due barbieri e due calzolai. 

Quel pomeriggio, come tanti altri, tra un bicchiere e l’altro, uno di loro raccontò che al mattino, guardandosi allo specchio e accorgendosi di avere il naso completamente rosso, si era improvvisamente ricordato di quanto accaduto la sera precedente, quando, dopo aver bevuto un fiasco di vino rosso, a causa dello stesso e della poca luce, aveva erroneamente scolato i rigatoni nel vaso da notte (pitale); dopo averli conditi con il sugo di carne del giorno prima, insieme ad una manciata di pecorino, se ne era fatto una grande scorpacciata.

Per fortuna l’improvvisata “scodella” era pulita! A onor del vero, a fronte di questa spassosa disavventura, i quattro amici, dopo tantissime risate, lo stesso giorno, proprio in periodo di carnevale, decisero di comune accordo di formare la “Società dei Nasi Rossi” cioè una convivenza di bontemponi, mangiatori e bevitori.

Stabilirono così che, per essere ammessi nella Società, sarebbe stato sufficiente pagare un litro di vino e prodigarsi per far si che il lunedì di carnevale fosse un giorno tutto dedicato a loro in cui distribuire, per il divertimento della popolazione e dei forestieri, dei “Rigatoni al Pitale ben conditi con sugo di carne”, da servire con forchetta di legno non appuntita. 

Ancora oggi dopo oltre cento anni, il lunedì di carnevale, l’insolita maschera dei Nasi Rossi viene indossata da molti cittadini Ronciglionesi per dare vita a quel singolare rituale della “Pitalata” ed è così che vestiti con un bianco camicione e cappello da notte, calano come un esercito sulla piazza, cantano un inno al vino, rincorrono gli spettatori brandendo in aria dei forchettoni, salgono con le scale sui balconi, entrano delle case per offrire sadicamente i maccheroni che tengono caldi nel vaso da notte, “il pitale”. 

Chi per la prima volta si trovi davanti alla maschera ronciglionese del “Naso Rosso” rimane colpito dalla sua originalità

Il Naso Rosso incarna l’anima buontempona, satirica, godereccia che è nello spirito del ronciglionese, uno spirito indipendente, dalla battuta pronta, ironico quanto basta e soprattutto, dissacratore.

La maschera ha qualche parente all’estero.

Un personaggio simile lo troviamo nel carnevale parigino nella figura del “Chie-en-lit” (“caca nel letto”) che veste una camicia da notte imbrattata di escremento e nel carnevale russo nei Lubok - quadretti raffiguranti scene di vita popolare - dove il “Krasnoj nos” (letteralmente “Naso Rosso”) è rappresentato con un naso gibboso e le braghe imbrattate (documentazione reperita da: “Il Paese di Carnevale” di Mariti e Galli). 

L’associazione dei Nasi Rossi risale all’anno 1900, come si evince dal loro Statuto.

Naso Rosso oltre a essere protagonista del Carnevale Ronciglionese è anche il protagonista di un’opera teatrale scritta dal prof. Luciano Mariti di Ronciglione, docente di Storia del Teatro presso l’Università “La Sapienza” di Roma.

 

Pro Loco di Ronciglione - Archivio Storico

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